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Reliquus, la lezione del Dolore

cover reliquus la lezione del dolore
clicca qui sopra per vedere le opere esposte

Reliquus è una espressione che Tribaleglobale usa da anni, è diventato un format che si rinnova ogni anno, specialmente nel periodo Pasquale. Ne ho già scritto potete vedere qui un approfondimento https://giulianoarnaldi.blogspot.com/2022/12/reliquus-cio-che-resta.html

La reliquia – letteralmente ciò che resta-  con il suo potente messaggio simbolico ed educativo assume in questo periodo un valore profondo, almeno per i Cristiani: la Croce è la reliquia per eccellenza; mettendo insieme i pezzi di tutte le reliquie della “Vera Croce” riportate dalle Crociate si potrebbe probabilmente tirare su un grattacielo,  ma questo fatto nulla toglie al valore morale e metaforico di quel simbolo, testimonianza plastica  ed evidente di una sofferenza salvifica, della morte che diventa vita grazie a chi si fa carico della sofferenza dell’intera umanità. La stessa forma ancestrale della Croce affonda le sue radici nella profondità del tempo, indica i punti cardinali, definisce un perimetro esistenziale prima che fisico. Nella tradizione Cristiana diventa inoltre il simbolo di un tempo che ha una durata precisa, quaranta giorni, e che è destinato ad incardinare nello scorrere della sofferenza quaresimale il percorso inevitabile verso la Resurrezione della Pasqua; non a caso Pasqua deriva dal latino  pascha, in greco  πάσχα, adattamenti dell’ebraico pesaḥ (aramaico pisḥā),che letteralmente significa passare oltre (fonte treccani.it).

Vale la pena, sopratutto quest’anno, di soffermarsi sul tema della Quaresima e in particolare del significato del numero quaranta.

Scandire il tempo mediante riti è tipico dell’essere umano, da sempre, e a ben vedere i riti cambiano aspetto ma raramente sostanza. Prendiamo ad esempio la Quaresima;  da un punto di vista etimologico in italiano quaresima, come anche il francese carême, deriva dal latino ecclesiastico quadragäsëma, femminile sostantivato dell’aggettivo quadragäsëmus “quarantesimo” e pertanto significa propriamente “quarantesimo giorno (prima di Pasqua)” . Perchè fissare in quaranta giorni l’attesa della Resurrezione?

Sant’Agostino sosteneva che il numero quaranta esprime la perfezione “poiché la Legge è stata data nei dieci comandamenti, allora è per tutto il mondo che la Legge è stata predicata e tutto il mondo è composto di quattro parti: Oriente e Occidente, Sud e Nord; quindi, moltiplicando dieci per quattro, si ottiene quaranta. O, meglio, è per i quattro libri del Vangelo che la Legge si compie”. 

Mīm(in arabo ميم? /mi:m/) è la ventiquattresima lettera dell’alfabeto arabo. Nella numerazione abjadessa assume il valore 40, e coincide con l’arcano maggiore Tredici dei Tarocchi, La Morte, che segna il compimento di una fase della vita, la trasformazione e il cambiamento; Per la ghematria, il metodo Rabbinico che attribuisce un valore numerico ad ogni lettera ebraica, mem(מ,ם) rappresenta la decina 40. Si tratta di un numero assai significativo e simbolico nella Bibbia ebraica come nei Vangeli. La pioggia del diluvio cadde sulla terra per 40 giorni e 40 notti. Gli ebrei peregrinarono nel deserto per 40 anni. Mosè stette sul Monte Sinai per 40 giorni. Gesù digiunò per quaranta giorni. Il Buddha digiunò nel deserto 40 giorni prima di iniziare a divulgare i suoi insegnamenti. Nella cultura Islamica i morti si piangono per 40 giorni:  Nell’Induismo, la maggior parte delle preghiere popolari sono composte da 40 slokas (strofe). Gli antichi Egizi immergevano il corpo del defunto in acqua salata per quaranta giorni, prima di concludere il complesso percorso di mummificazione. In molte culture africane il periodo di iniziazione dei giovani dura quaranta giorni….e si potrebbe andare avanti, aggiungendo che in tutte le culture la “quarantena” ( altro suggestivo esempio della scelta simbolica di questo numero ) è il tempo in cui avviene un cambiamento profondo, impegnativo e sofferto, vissuto nel silenzio, nella riflessione e nel mistero. 

Perchè proprio il numero quaranta?

Credo che la risposta più semplice sia quella più convincente. Entro le 24 ore che seguono il concepimento di una vita umana, lo zigote (la prima cellula che si forma dall’incontro dei due gameti provenienti da madre  e padre) va incontro a una rapida crescita formando l’embrione. Fino all’ottava settimana circa, (curiosamente  il doppio di 4..)  l’embrione si sviluppa ulteriormente dando luogo a un organismo più complesso: il feto. In una gravidanza fisiologica ci vogliono circa 40 settimane affinché quest’ultimo si sviluppi prima del parto. E gli esseri umani conoscono questo fatto da sempre, è l’unico dato concreto nel grande Mistero della vita. Ed ecco che nella dimensione della ritualità, l’ambito nel quale l’interazione con il Mistero è possibile, il numero diventa concretamente simbolico ed evocativo. 

Poi c’è, ci dovrebbe essere,  il 41mo giorno…quello della Resurrezione, della nascita della vita…Quest’anno, in questo difficilissimo 2025 è difficile immaginare il 41mo giorno, e non solo in Ucraina e a Gaza. Abbiamo scelto di dare corpo a questa che pare una interminabile Quaresima senza Resurrezione con il potente linguaggio che parla l’arte in ogni luogo del mondo. Gli Ecce Homo seicenteschi, la grande Deposizione della fine del XVI secolo parlano la stessa lingua dei reliquiari Kota, Asmat, Giapponesi, rappresentano la lezione di “ciò che resta” per ricordarci il dolore può insegnare molto, sempre e dovunque.

Giuliano Arnaldi, 5 marzo 2025

Reliquus, la lezione del Dolore

E’ un evento curato da Giuliano Arnaldi e Lorenzo Gaudenti.

le opere esposte provengono dalla Collezione Tribaleglobale.

Ai #magazzinidelMap di Villanova d’Albenga – località Coasco – Via Marina Verde

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Mottainai, Giappone Ancestrale

ai #magazzinidelMap di Villanova d’Albenga si conclude il ciclo #bellezzaincantiere con l’esposizione dedicata al Giappone. Le opere esposte provengono dalla #CollezioneTribaleglobale. 

“Il nostro intento è quello di trasportare il visitatore in un estremo oriente che non è facile incontrare in televisione e nemmeno in molti libri; il MAP apre le porte al Giappone tradizionale per mostrare la sua vera essenza. All’interno del nostro spazio espositivo ci si accosta alla cultura del Sol Levante attraverso un percorso fatto di preziosi oggetti e del valore che ottengono proprio grazie al Mottainai”- ci dice Lorenzo Gaudenti, Presidente dell’ Associazione MAP –

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Il termine Mottainai, filo conduttore dell’esposizione, va oltre il semplice riutilizzo: è una filosofia che trasforma la riparazione in arte, dove ogni oggetto si fa simbolo di cura e valore. Tra le opere esposte i visitatori potranno ammirare i Boro, indumenti realizzati con pezzi di cotone di recupero, riutilizzati fino al loro limite e poi impiegati come toppa per altri Boro tramite la tecnica Sashiko. Sono presenti anche iSakebukoro, sacchi per filtrare il prezioso Saké, riparati con rammendi che richiamano l’arte del Kintsugi. La mostra include inoltre oggetti legati alla tradizione samurai, come gli elmi da battaglia Kabuto e i Jingasa, copricapi della quotidianità, simbolo dell’epica giappone che va dall’XI al XIX secolo. “Mottainai, troppo belli per essere sprecati” fa seguito all’omaggio a Filippo Biagioli in occasione del suo 50esimo compleanno e alla recente esposizione dedicata alle maschere rituali e agli elmi, continuando la tradizione del museo di offrire esperienze culturali uniche. La mostra è visitabile gratuitamente previa prenotazione obbligatoria.

LA PURPOSE DEL MAP MUSEUM. Per il MAP, “Mottainai” non è solo un’esplorazione del riuso, ma un invito ariscoprire il valore delle cose, celebrando la bellezza che nasce dalle cicatrici e dalle riparazioni.Un’esperienza che unisce passato e presente, trasformando il vecchio in nuovo. Con questa mostra, il MAPvuole dare voce all’arte primaria come ponte tra società e culture, offrendo una chiave di lettura dell’arte nella sua applicazione concreta alla vita. Il museo costruisce un arcipelago culturale che dà voce al popolo,valorizzando tradizione e filosofia del Mottainai come strumenti per comprendere le nostre radici.

clicca qui per vedere le opere esposte.

COVER MOTTAINAI
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E’ nato il jardin situationniste / the situationist garden was born.

tra Cosio d'Arroscia e Onzo, passando per Vendone e....

Ansgar Elde, Ceramica . 1990

le opere esposte sono visibili qui https://flic.kr/s/aHBqjBENLb

Nasce nella Valle Arroscia un ” Jardin Situationniste”,  format ispirato al fortunato libro di Asger Jorn ” Le Jardin d’Albisola”. La rete di spazi espositivi organizzata dalle Associazioni MAP museo di Arti Primarie e SituaZioni Tribaliglobali ospita un insieme di eventi legati alla esperienza artistica e culturale attiva  nella seconda metà del secolo scorso nella Liguria di Ponente, tra Albisola e Cosio d’Arroscia. Tra Onzo e Cosio, dove sono già esposte in modo permanente opere di  Alechinsky, Appel, Corneille, Jorn, Vandercam,  Rainer Kriester e Henry Moore, sono visibili fino al 30 ottobre 2024 opere di  Carlos Carlè, Asgar Elde, Enzo L’Acqua e Saba Telli. Le opere d’arte moderna sono esposte in dialogo permanente con opere di arte tradizionale extraeuropea provenienti da Africa, Asia, Indonesia, Oceania . E’ possibile consultare una corposa biblioteca di settore, ed ogni evento è supportato da cataloghi consultabili anche on line. . La direzione artistica degli eventi è di Giuliano Arnaldi.

Où est le jardin.. ?

Un filo rosso mai spezzato lega la creatività di artisti che per tutto il Novecento scelsero quel triangolo magico tra Albisola, Calice Ligure e Cosio d’Arroscia come speciale casa dell’anima. Non solo i Futuristi, Lam, Fontana, Jorn – per citare i più “blasonati” – ma un popolo di creativi respirò quel soffio vitale, e diede un corpo alla propria immaginazione . La loro storia è forse ancora troppo ristretta nei confini del collezionismo locale, mentre risulterebbe di grande interesse generale  per capire cosa accadde in quegli anni, ben oltre i confini locali. La storia dei Situazionisti è in questo senso emblematica; quel vento potente partì da Cosio d’Arroscia ma incendiò prima Parigi e poi il mondo intero, prova provata che l’arte non è solo un grazioso orpello ma formidabile energia sovversiva. Nel “Jardin”  che abbiamo creato tra Cosio e Onzo, ne trovate alcuni, e ne troverete sempre più; nei limiti delle nostre possibilità l’intenzione è quella di creare dei “focus”, delle sintetiche retrospettive su singoli Artisti, senza alcuna pretesa se non quella di accendere una luce.”  L’evento è iniziato domenica 1 settembre a Onzo presso la Locanda Tribaleglobale con Saba telli, che quell’epoca la visse  con rara intensità e la testimoniò con ancor più rara bellezza, attraverso la sua vita e il suo lavoro; in consultazione anche alcuni rari cataloghi e testi legati al lavoro dell’Artista, provenienti da una collezione privata savonese, ed è in preparazione un catalogo che raccoglie la rara ed inedita documentazione;  Dal 15 settembre a Cosio d’Arroscia la galleria derive ospita una “reunion” – come usa dire oggi- di alcuni tra i più interessati manipolatori di materie di quegli anni: Carlos Carlè, Asgar Elde, Enzo L’Acqua e lo stesso Sabatelli per l’aspetto ceramico. 

A “Jardin Situationniste” is born in the Arroscia Valley, a format inspired by the successful book by Asger Jorn “Le Jardin d’Albisola”. The network of exhibition spaces organized by the Associations MAP museo di Arti Primarie and SituaZioni Tribaliglobali hosts a series of events linked to the artistic and cultural experience active in the second half of the last century in Western Liguria, between Albisola and Cosio d’Arroscia. Between Onzo and Cosio, where works by Alechinsky, Appel, Corneille, Jorn, Vandercam, Rainer Kriester and Henry Moore are already permanently exhibited, works by Carlos Carlè, Asgar Elde, Enzo L’Acqua and Saba Telli are visible until 30 October 2024. The modern works of art are exhibited in permanent dialogue with works of traditional non-European art from Africa, Asia, Indonesia, Oceania. It is possible to consult a substantial sector library, and each event is supported by catalogues that can also be consulted online. The artistic direction of the events is by Giuliano Arnaldi.

Où est le jardin.. ?

An unbroken red thread links the creativity of artists who throughout the twentieth century chose that magical triangle between Albisola, Calice Ligure and Cosio d’Arroscia as a special home for the soul. Not only the Futurists, Lam, Fontana, Jorn – to name the most “noble” – but a population of creatives breathed that vital breath, and gave a body to their imagination. Their story is perhaps still too narrow within the confines of local collecting, while it would be of great general interest to understand what happened in those years, well beyond the local borders. The story of the Situationists is emblematic in this sense; that powerful wind started from Cosio d’Arroscia but first set Paris on fire and then the entire world, proof that art is not just a pretty tinsel but a formidable subversive energy. In the “Jardin” that we have created between Cosio and Onzo, you will find some, and you will always find more; to the extent of our possibilities, the intention is to create “focuses”, synthetic retrospectives on individual Artists, without any pretension other than that of turning on a light.” The event began on Sunday 1 September in Onzo at the Locanda Tribaleglobale with Sabatelli, who lived that era with rare intensity and bore witness to it with even rarer beauty, through his life and his work; some rare catalogues and texts related to the Artist’s work, from a private collection in Savona, were also available for consultation, and a catalogue is being prepared that collects the rare and unpublished documentation; From 15 September in Cosio d’Arroscia the Derive gallery hosts a “reunion” – as they say today – of some of the most interested manipulators of materials of those years: Carlos Carlè, Asgar Elde, Enzo L’Acqua and Sabatelli himself for the ceramic aspect.

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FURORE! La furia di Virabhadra parte da Onzo…

https://flic.kr/s/aHBqjB3VU9 clicca qui per vedere la collezione

FURORE! è il titolo scelto per presentare una importante collezione di placche in bronzo Hindu databili tra il XVII E IL XIX secolo raffiguranti il mito di Virabhadra, e provenienti dalla Collezione di Paola e Giuseppe Berger. Nell’imponente Pantheon  induista la figura di VIrabhadra giganteggia; egli distrugge, perché “la pazienza, troppo spesso messa alla prova, diventa furore. (Publilio Siro)”,  perché ad un certo punto il nuovo ed il giusto si fanno  strada solo sovvertendo, demolendo, senza alcuna remora e senza alcuna pietà. E’ il furore per eccellenza, quello di Virabhadra, ovvero la reincarnazione guerriera di Shiva. Presentato in anteprima a Onzo, presso la Casa degli Artisti, sarà uno degli eventi destinato a girare l’Europa in occasione di TRIBALEGLOBALE 24, Pensiamo Immagini, l’insieme di manifestazioni organizzate dalla Associazione SituAzioni Tribaliglobali per celebrare i vent’anni di Tribaleglobale. 

In esposizione novanta placche in metalli diversi – rame, ottone, bronzo – provenienti dalla Collezione dei milanesi Giuseppe e Paola Berger.

Abbiamo da tempo il privilegio di esporre oggetti provenienti da questa importante collezione, prevalentemente riguardante le culture Indiane; nota per la qualità delle opere, la collezione è presente in importati spazi museali pubblici come il Museo Pigorini di Roma ( a cui la Famiglia Berger ha donato oltre mille oggetti “BETEL” ) e la Biblioteca Ambrosiana di Milano, a cui Paola e Giuseppe Berger donarono parte della collezione di placche VIRABHADRA . Grazie alla disponibilità degli eredi di Giuseppe Berger, possiamo oggi esporne la restante parte, quella più  più intima e privata. 

ICONOGRAFIA

Le placche, databili tra il XVII E IL XIX secolo, sono realizzate in metalli diversi, mediante fusione a cera persa o a sbalzo. Ganci ed  anelli indicano l’uso di appenderle nei tempietti di famiglia, la presenza di un manico sul retro che ne consente l’impugnatura rimanda invece ad un uso cerimoniale. Sostanzialmente si conoscono due stili: uno più accurato nel dettaglio, definito aulico, l’altro più essenziale, conosciuto come tribale. La struttura ad arco evoca l’alone di luce che accompagna l’apparizione di un essere divino; dall’alto verso il basso possiamo trovare   al centro un mascherone leonino, ai lati il sole e la luna, il linga yoni, che simboleggia l’unione tra il dio e la dea,  e il toro Nandi, simbolo della cavalcatura di Shiva oppure  Il cobra , singolo o policefalo ma sempre in numero dispari; il volto di Virabhadra è sempre rappresentato come irato e feroce,   il terzo occhio e/o i tre segni sulla fronte indicano la devozione a Shiva. Le braccia possono essere fino a dieci, ed impugnano armi e simboli diversi. In basso, ai lati, si trovano abitualmente Daksa, rappresentato con la testa del montone,  e Sati, manifestazione serena della moglie di Shiva,  o Kali , la sua declinazione terrifica.